Un commerciante di Palermo, nel XVI secolo fece conoscere ai rapallesi i fuochi artificiali ed i mortaretti originari della Sicilia. Da quel momento nacque e si diffuse la tradizione delle “sparate”, in occasione delle feste patronali. Usanza che, nel nostro comprensorio, è tuttora vivissima.
Protagonista indiscusso è l’antico mortaletto ligure, un artificio metallico avente forma tronco-conica, cava al centro, alto circa 12- 1 5 cm e dal peso di circa 2 kg. Alla sua base è presente un piccolo foro detto “aggugin”. Anticamente realizzato in ghisa attualmente, per rispettare le vigenti norme, viene prodotto per tornitura o per fusione in ferro. Viene caricato con una piccola quantità di polvere nera e segatura, pressata manualmente mediante l’utilizzo di appositi pestelli d’alluminio o legno, chiamati in gergo “stie’. L’utilizzo di questi materiali, evita in fase di caricamento, eventuali accensioni accidentali.
Della medesima forma del mortaletto, ma di più grandi dimensioni, è il cannone, oggetto funzionalmente identico che può raggiungere un peso superiore a 200 chilogrammi.
La sparata dei mortaletti è composta schematicamente in due parti: la riga e il “ramadan”. La riga è una successione di mortaletti, collegati insieme da una striscia di polvere nera che con la sua combustione porta il fuoco negli aggugini con il conseguente innesco della polvere, realizzando una ritmica cadenza,
Il “ramadan” costituisce invece la parte finale della sparata. Nella sua forma classica prevede che i mortaletti siano disposti a triangolo allungato in cui le nuove righe esterne, i lati del triangolo, vengono progressivamente affiancate da nuove righe all’interno man mano che si procede verso la base ed il triangolo si allarga. Questo posizionamento, composto da una grande quantità di mortaletti messi l’uno vicino all’altro, bruciando genera un fragoroso crescendo che si conclude con lo sparo di uno o più cannoni.
Durante la sua accensione Ia sparata è seguita dal massaro che porta con sé un ‘buttun”. Questo è un bastone che ha alla sua estremità una palla di ferro rovente, fatta scaldare per alcune ore: lo scopo di questo attrezzo è quello di riaccendere la sparata in caso si spegnesse.